I numeri della crisi dell’editoria e le nuovi abitudini dei lettori

informazione liquidaSi leggono sempre più notizie dagli smartphone, usando come fonte i social network. La pubblicità viene ignorata dai lettori con software ad-blocker.

Cresce, nel mondo, la domanda di notizie. Ma l’editoria non se ne sta giovando, perché i lettori sono scarsamente disposti a pagare per restare informati: in Uk sono appena il 7%, mentre in Norvegia, primo paese, sono il 27%.
I lettori non solo non vogliono sottoscrivere abbonamenti, ma non vogliono più nemmeno visualizzare i banner pubblicitari, che bloccano con specifici software. Sono insofferenti persino alle pubblicità pre-roll nelle video-notizie: il motivo principale per il quale, il 78%, preferisce le notizie testuali.
Questo è lo scenario delineato dal Digital News Report 2016 del Reuters Institute.
L’indagine, che coinvolge 26 paesi, tra cui l’Italia, racconta di un mercato dell’editoria contraddistinto, a livello globale, dalla perdita di posti di lavoro, dal calo dei profitti, e dalla necessità di tagliare i costi.
Le nuove piattaforme digitali, che stanno modificano le regole per il confezionamento e la distribuzione dei contenuti, raramente sono un supplemento ai canali tradizionali e sempre più, invece, un sostituto.
Gran parte di questa metamorfosi è dovuta ai social network, divenuti aggregatori di notizie. Circa un lettore su due (il 51%), dichiara di utilizzare i social media come fonte di notizie. E per il 12% i social sono la principale fonte. Tra le piattaforme, Facebook domina con il 44% complessivo di utenti che ne fanno uso per le news. Seguono Youtube (19%) e Twitter (10%).

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Percentuale di persone che usano i social media come fonte di notizie

E l’Italia? Il nostro paese si distingue leggermente, perchè resta saldo il primato della televisione, sia come fonte di informazione (83%) sia quale primo contatto giornaliero con le news (43%).
Cresce, ed è una piccola buona notizia, anche il numero di quelli che nell’ultimo anno hanno pagato un servizio di informazione online: nel 2016 sono il 16%, rispetto al 12% di un anno fa.

Redazione

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