Lavoro. Longobardi (Unimpresa), situazione drammatica serve scossa immediata

crisi_imprese“La situazione fotografata oggi dall’Istat con i nuovi dati sulla disoccupazione, particolarmente grave soprattutto per i giovani, è drammatica. Per uscire da questa profonda recessione e per creare lavoro serve una cura shock, una scossa immediata. Il governo di Matteo Renzi ha varato un primo decreto, volto a spingere apprendistato e contratti a termine, e deve continuare sul cammino intrapreso fatto di misure indirizzate a mettere gli imprenditori nella condizione di poter investire e quindi creare nuova occupazione. Servono, in generale, interventi che consentano a imprese e famiglie di avere risorse per guardare con fiducia al futuro” dichiara il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi, commentando i dati dell’Istat sull’occupazione. “L’enorme disagio sociale che abbiamo fotografato – dice Longobardi – ha conseguenze enormi nel ciclo economico: più di 9 milioni di persone sono in difficoltà e questo vuol dire che spe nderanno meno, tireranno la cinghia per cercare di arrivare a fine mese. Tutto ciò con effetti negativi sui consumi, quindi sulla produzione e sui conti delle imprese”.
Sono a quota 9,2 milioni le persone in difficoltà in Italia. Secondo un’analisi realizzata dal Centro Studi di Unimpresa sulla base di dati Istat, ai “semplici” disoccupati vanno aggiunte ampie fasce di lavoratori, ma con condizioni precarie o economicamente deboli che estendono la platea degli italiani in crisi. Ne emerge un’enorme “area di disagio”: ai 3,2 milioni di persone disoccupate, bisogna sommare anzitutto i contratti di lavoro a tempo determinato, sia quelli part time (640mila persone) sia quelli a orario pieno (1,57 milioni); vanno poi considerati i lavoratori autonomi part time (829mila), i collaboratori (351mila) e i contratti a tempo indeterminato part time (2,6 milioni). Questo gruppo di persone occupate – ma con prospettive incerte circa la stabilità dell’impiego o con retribuzioni contenute – ammonta complessivamente a 5,9 milioni di unità. Il deterioramento del mercato del lavoro non ha come conseguenza l a sola espulsione degli occupati, ma anche la mancata stabilizzazione dei lavoratori precari e il crescere dei contratti atipici. Di qui l’estendersi del bacino dei “deboli”. Il dato sui 9,24 milioni di persone è relativo al secondo quarto trimestre del 2013 e complessivamente risulta in aumento dell’2,2% rispetto al quarto trimestre del 2012, quando l’asticella si era fermata a 9,05 milioni di unità: in sei mesi quindi 198mila persone sono entrate nell’area di disagio sociale.
Nel quarto trimestre dello scorso anno i disoccupati erano in totale 3,25 milioni: 1,69 milioni di ex occupati, 656mila ex inattivi e 906mila in cerca di prima occupazione. In diminuzione di 44mila unità gli inattivi scesi da 700mila unità a 656mila unità (-6,3%). I disoccupati risultano in aumento dell’8,9% rispetto all’anno precedente (+267mila persone). In aumento di 245mila unità gli ex occupati da 1,44 milioni a 1,69 milioni (+16,9%). Salgono anche le persone in cerca di prima occupazione, in aumento di 66mila unità da 840mila a 906mila (+7,9%). In lieve calo, invece, il dato degli occupati in difficoltà: erano 6,06 milioni a dicembre 2012 e sono risultati 5,99 milioni a dicembre scorso. Un apparente restrizione dell’area di difficoltà che, invece, rappresenta un’ulteriore spia della grave situazione in cui versa l’economia italiana: anche le forme meno stabili di impiego e quelle retribuite meno pagan o il conto della recessione. E’ evidente infatti uno spostamento delle persone dalla fascia degli occupati deboli a quella dei disoccupati. I contratti a temine part time sono scesi di 51mila unità da 691mila a 640mila (-7,4%), mentre i contratti a termine full time sono scesi di 105mila unità da 1,67 milioni a 1,57 milioni (-6,3%). Calano anche i contratti di collaborazione (-54mila unità) da 405mila a 351mila (-13,3%). Risultano invece in aumento sia i contratti a tempo indeterminato part time (+4,2%) da 2,49 milioni a 2,6 milioni (+106mila) sia gli autonomi part time (+4,4%) da 794mila a 829mila (+35mila).

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