Musei, porte chiuse al web

Solo la metà dei musei italiani ha un sito web e quattro su dieci sono sui social media. Scarsa anche la conoscenza delle lingue straniere da parte del personale.

Quasi 5mila istituti, pubblici e privati: 4.158 musei, gallerie o collezioni, 282 aree e parchi archeologici e 536 monumenti e complessi monumentali.
Una voce fondamentale del patrimonio culturale italiano, che usano ancora poco, e male, gli strumenti dell’informazione e della comunicazione digitale.
Un gap da imputare, anche ma non solo, alle ristrettezze economiche.
Basti pensare che solo il 45,6% dei luoghi della cultura italiani, prevedono l’ingresso a pagamento. E quelli che offrono la possibilità di ingresso con forme di abbonamento o carte museo sono il 12,9% del totale. Il 54,4%, poco più della metà, non ha alcuna entrata derivante dalla vendita dei biglietti, il 26,1% incassa mediamente meno di 10mila euro al mese dalla vendita dei biglietti e solo per il 2,6% i proventi della biglietteria sono superiori a 500mila euro all’anno.
Secondo il report dell’Istat, riferito al 2015, il 57,4% degli istituti ha un sito web, solo il 24,8% utilizza le newsletter per comunicare e appena il 13,4% rende disponibile un catalogo digitale.
Appena l’11,1% dei musei è attivo sul web con blog e forum e il 40,5% è presente su almeno uno dei principali social media: Facebook, Twitter, Instagram e YouTube.
Ancora, il 18,6% degli istituti offre ai visitatori connettività wifi gratuita tramite hotspot, mentre solo il 6,6% utilizza internet per consentire l’acquisto dei biglietti online.
Un panorama a tinte fosche, considerando che il turismo è un fattore strategico su cui puntare per ridurre divari e disuguaglianze nel Paese.
A rallentare lo sviluppo del settore, anche la zavorra delle lingue.
Il personale, rileva ancora l’Istat, è in grado di fornire al pubblico di turisti stranieri informazioni in inglese nel 60,3% dei casi. Per la lingua francese, la percentuale scende al 31,2%, per il tedesco al 13,5% e per lo spagnolo al 10,4%. In oltre la metà delle strutture è disponibile materiale informativo in lingua inglese (56,7%), in poco più del 20% in francese o in tedesco e nel 7,9% in spagnolo. Assolutamente eccezionali, ovvero inferiori all’1%, sono invece i casi in cui il personale o il materiale informativo si esprimono in lingua araba, giapponese o cinese.

Luigi D'Alise

Giornalista professionista: scrivo, parlo, formo e informo per l'Ago Press. Slownauta apprendista: scatto, filmo, viaggio e assaggio per Slow Sud.

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